Le due colonne romane identificano la città di Brindisi e sono riportate sul suo stemma. 

Com’è noto, le colonne erano originariamente due: negli argenti dell’arca di San Teodoro, oggi nel Museo Diocesano “Giovanni Tarantini” è raffigurata la più antica testimonianza delle due colonne. 


Nel 1528 una delle due colonne rovinò per terra e i rocchi rimasero per 132 anni sul pavimento fino al momento in cui, nel 1659, furono concessi alla città di Lecce per devozione di Sant’Oronzo, il potente santo (così potente da essere subentrato a Sant’Irene come patrono di Lecce) che aveva salvato il Salento dalla peste. La colonna fu trasportata a Lecce con molte difficoltà a causa delle pessime condizioni delle strade. A Lecce il capitello fu modificato in forme barocche da Giuseppe Zimbalo dal 1666 ospita la statua di Sant’Oronzo sulla sommità. 

L’area della piazzetta, dopo essere stata abbandonata per molto tempo, in modo non dissimile a tutta la città di Brindisi che pullulava di rovine di epoca antica, nel 1931 è stata risistemata e resa monumentale con l’allargamento della scalinata dedicata a Virgilio e la costruzione della Palazzina del Belvedere, oggi sede della Collezione Archeologica Faldetta. Una leggenda inventata dai cronisti brindisini, per nobilitare la città, identifica negli edifici prospicenti sulla piazzetta la casa di Virgilio. La notizia non è in nessun modo documentata, mentre è vero che Virgilio, di ritorno a Brindisi dalla Grecia, morì a Brindisi nel 19 a.C. Una iscrizione ricorda il grande poeta latino.


Prima dell’inizio della II Guerra Mondiale la colonna fu smontata per poterla preservare dagli attacchi aerei ed evitate che diventasse un bersaglio riconoscibile. Fu poi ricostruita nel 1948. Dal 1995 al 2002 la colonna e il capitello sono stati oggetto di un lungo restauro. Nel 2007 il capitello originale è stato posizionato nel Museo del Capitello nell’ex Corte d’Assise.


Le ipotesi sulla storia delle colonne sono numerose e nella tradizione storiografica sono state per lungo tempo ritenute terminali della via Appia, collocate il loco ai tempi di Traiano per celebrare la vittoria contro di Daci. Oggi si ritiene che la sistemazione dell’area risalga alla fine del X sec o inizi XI quando, dopo numerose distruzioni, il Protospatario Lupo, ricostruì Brindisi dalle fondamenta per conto dell’imperatore di Bisanzio: struxit ab imo, com’è inciso nell’iscrizione sul dado della colonna superstite. Pertanto più che segnare una fine, le colonne indicavano un inizio, la strada che attraverso il mare conduceva a Bisanzio e da lì verso Est: un vero e proprio faro riconoscibile dai naviganti. La Colonna è realizzata in marmo preconneso, proveniente dalle cave imperiali dal mar di Marmara e alcuni frammenti si possono osservare da vicino in Palazzo Granafei Nervegna.

Ai piedi delle colonne è esposta la targa in bronzo realizzata dallo scultore brindisino Giuseppe Marzano, che ricorda il riconoscimento UNESCO del 2010 al porto di Brindisi “Monumento Testimone di una Cultura di Pace per l'Umanità”.